2 aprile 2019

Finalmente un po’ di tempo per me stesso. Ho marinato l’università per concedermi delle sigarette, la quiete delle mie stanze e un po’ d’aria per l’anima. Fumo che ti spargi su di me, male che mi fai, mozzicone spento sul ginocchio, corpo rarefatto, posacenere della vita. Son già divenuto animale; il cane del palazzo di fronte mi abbaia contro, senza saper nulla di me, o forse è lui il solo e unico ad avermi compreso. Il cielo stamane è calmissimo, le rondini quasi esitano a volargli dentro; dalla finestra socchiusa si sente una leggera arietta che ricorda la primavera. Mi sento uno straniero tra questi muri che ho adorato e adornato allo sfinimento, ma che ora si spogliano come puttane dinanzi a un cliente qualunque, in cambio del denaro più sporco e inutile.

Qual è l’orientamento giusto? Qual è il senso della vita? Essere felici non ha criteri di percezione dal momento in cui gli istanti di gioia sono brevi, rari e ingannevoli. Si può davvero essere felici pensando allo sfruttamento dei fanciulli, a chi cavalca le strade, alla povertà, alle disgrazie del passato e del presente, ai corpi sfatti della gente? Perché continuare a scrivere se gli occhi delle persone sono troppo lussuriosi verso il nulla, se la voce dei giovani si è assopita, se le guance delle ragazze sono ormai schiarite e fredde? Perché lottare se il mondo volge lo sguardo altrove? Perché amare se non si hanno più la dedizione, la coerenza, la follia di donare il proprio cuore, l’intelletto e l’intera vita a chicchessia? Perché vivere se c’è chi muore senza volerlo? Perché continuare ad ascoltare gli echi dell’universo se c’è chi è sordo e non può capirlo? Perché parlare se c’è chi non può farlo ma vorrebbe ed è costretto alla sporca ignoranza che lo circonda? Perché odorare l’essenza dell’esistenza se quel profumo prima o poi si dissolverà nell’aria? Perché affannarsi sino all’esaurimento nel cercare la felicità, distante anni luce? Perché circondarsi di affetti se un giorno svaniranno? Perché vivere la materia se si distruggerà? Perché continuare a vivere se un giorno la vita finirà?

Ho bisogno di un bagno, ho tanto da espletare: le ragioni della vita, i perché dell’amore e della sofferenza, il linguaggio delle stelle, i sogni dei morti. Dimmi qualcosa, termosifone spento che riscaldi a tuo piacimento i corpi smembrati di chi ti offre dazio; acqua per la gola, rosso di giornata. Mi piego al tuo volere, porgendoti le mani; i palmi ruvidi e infuocati ti violentano di domande. Cosa leggi tra le mie linee? L’unica presa elettrica per il cellulare ribatte la parete, accanto al letto. Esploderà stanotte; resterò insonne pur di controllare camicie, coppe, peluches, vibratori. Chiedo alla luce di apparire sulla macchina da scrivere in forma smagliante affinché io possa raccontare il buio che mi governa.

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